È ormai cosa risaputa che il rischio di “non-compliance” a norme etiche e organizzative di natura soft è una delle minacce che appesantiscono in modo considerevole le aziende del nostro paese.
In particolare, il Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231, recante “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’art. 11 della Legge 29 settembre 2000, n. 300” ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico la responsabilità penale delle imprese e le associazioni, che si aggiunge a quella della persona fisica che ha realizzato materialmente il fatto illecito, adeguando la normativa nazionale in materia di responsabilità delle persone giuridiche ad alcune convenzioni internazionali a cui il nostro ordinamento giuridico ha aderito.
Il ruolo del legislatore e il rischio di commissione dei reati del D.Lgs. 231/2001
Nel tempo, il legislatore ha cercato di delineare quello che dovrebbe essere il contenuto del Modello di Organizzazione e di Gestione per prevenire il rischio di commissione dei reati previsti dagli artt. 24 – 26 del D.Lgs. 231/2001.
Nell’ultimo mese, #Confindustria ha proposto delle Linee Guida che offrono alle imprese e le associazioni “che abbiano scelto di adottare un Modello di Organizzazione e Gestione una serie di indicazioni e misure, essenzialmente tratte dalla pratica aziendale, ritenute in astratto idonee a rispondere alle esigenze delineate dal D.Lgs. 231/2001”.
Tali Linee Guida “mirano a orientare le imprese nella realizzazione di tali modelli, non essendo proponibile la costruzione di casistiche decontestualizzate da applicare direttamente alle singole realtà operative”
La particolarità delle nuove Linee Guida di Confindustria in materia 231
Nello specifico, le Linee Guida riprendono un argomento alquanto interessante non solo per le stesse realtà private che abbiano adottato il Modello di Organizzazione e Gestione ma anche per il soggetto che ha commesso il reato. Si parla, dunque, delle sanzioni pecuniarie previste in caso di responsabilità da reato.
Le Linee Guida stabiliscono che “l’accertamento della responsabilità prevista dal D.Lgs. 231/2001 espone l’ente a diverse tipologie di sanzioni, che, in base al principio di legalità (art. 2 D.Lgs. 231/2001), devono essere individuate dal legislatore”.
.
In particolare, “sul piano patrimoniale, dall’accertamento dell’illecito dipendente da reato discende sempre l’applicazione di una sanzione pecuniaria e la confisca del prezzo o del profitto del reato, anche per equivalente”
Vi sono dei casi di studio alquanto interessanti che permettono alle aziende di individuare i rischi nonché le sanzioni applicabili in caso di illecito dipendente da reato.
La determinazione delle sanzioni pecuniarie
Come sancito nel D.Lgs. 231/2001, la determinazione delle sanzioni pecuniarie irrogabili si fonda su un sistema di quote. Per ciascun illecito, infatti, la legge determina un numero minimo e massimo di quote, sul modello delle cornici edittali che tradizionalmente caratterizzano il sistema sanzionatorio. L’art. 10 del D.Lgs. 231/2001 si limita a prevedere che il numero di quote non può mai essere inferiore a cento e superiore a mille e che l’importo delle singole quote può oscillare tra un minimo di circa €258 a un massimo di circa €1549. Le Linee Guida di Confindustria ricordano, pertanto, che “sulla base di queste coordinate il giudice, accertata la responsabilità dell’ente, determina la sanzione pecuniaria applicabile nel caso concreto”.
Ma attenzione, perché la “determinazione del numero di quote da parte del giudice è commisurata alla gravità del fatto, al grado di responsabilità dell’ente, all’attività eventualmente svolta per riparare le conseguenze dell’illecito commesso e per prevenirne altri.
L’importo delle singole quote è invece fissato in base alle condizioni economiche e patrimoniali dell’ente, al fine di garantire l’effettività della sanzione”.
L’interpretazione della giurisprudenza costituzionale
Secondo le Linee Guida di Confindustria “se si ritiene che l’illecito e quindi le sanzioni previsti dal D.Lgs. 231/2001 abbiano natura sostanzialmente penale, risulterebbe violato il principio di legalità di cui all’art. 25 della Costituzione italiana”. Nella costante interpretazione della giurisprudenza costituzionale questo principio impone al legislatore di predeterminare una cornice edittale entro la quale si possa legittimamente esercitare la discrezionalità giudiziale (Corte cost., sent. n. 15 del 1962). Ma se la sanzione è indeterminata nel massimo, il giudice al momento della quantificazione in concreto rischia di sostituire arbitrariamente la sua valutazione a quella del legislatore (Corte cost., sent. n. 299 del 1992).
______________________
D.Lgs. 231/2001: Dlgs 231/2001 – Disciplina della responsabilita’ amministrativa delle persone … (camera.it)
Linee Guida Confindustria: Position+Paper_linee+guida+modelli+organizzazione_giugno2021_Confindustria.pdf
*I diritti delle immagini appartengono ai rispettivi proprietari. Per maggiori informazioni relativamente all’immagine del presente articolo, si prega di visitare questo sito web.
Hai dubbi in merito? Noi saremo lieti di aiutarTi a trovare la soluzione per la Tua realtà aziendale.